Davide Romani - La Gazzetta dello Sport
Il nonno del ciclismo continua a stupire. A 40 anni Domenico Pozzovivo ha superato le fratture («dopo la ventesima ho smesso di contarle»), ha convissuto con due paurosi incidenti – al Giro 2015 e nel 2019 investito da un’auto durante un allenamento in Calabria – e non ha mai mollato anche quando quest’inverno è rimasto senza squadra tanto che «ho anche pensato di dover smettere». Fino alla svolta: il contratto per un anno con la Israel Premier Tech arrivato a inizio marzo. Ieri, nella 3a tappa della Settimana Internazionale Coppi&Bartali con arrivo a Forlì, è arrivato il secondo posto al termine di una fuga a tre.
Pozzovivo, a 40 anni ha lo stesso entusiasmo dei suoi esordi da pro’ nel 2005. Non ha mai smesso di credere in una nuova occasione?
«La speranza c’è sempre stata ma quando è partita la stagione la convinzione di trovare una nuova squadra ha un po’ vacillato. Questo però non mi ha demotivato».
Dove trova la voglia di correre ancora dopo il pauroso incidente del 2019?
«Quell’episodio è stato un crocevia importante. Ho convissuto con la consapevolezza di perdere anni buoni dove potevo raccogliere molte soddisfazioni. Questa mia testardaggine nel voler continuare è dettata anche da questo, dal desiderio di riprendermi qualcosa. Certo, con le dovute proporzioni. Allora potevo ambire a qualche vittoria e podi, ora mi accontento anche di una top ten».
La sua carriera è stata segnata anche dall’incidente di Genova al Giro del 2015.
«Quello ha avuto conseguenze quasi nulle a livello psicologico perché non ho mai ricordato come sia avvenuto. Ho perso conoscenza e ho avuto un’amnesia. Invece dell’auto che mi ha investito ricordo tutti i dettagli, purtroppo».
Oggi, in corsa e in allenamento, non ha paura?
«C’è sempre un po’ di precauzione in gara. Quando la velocità è alta sono il primo a usare i freni. In allenamento poi la paura di incontrare macchine fuori controllo è rimasta, è un trauma che mi porterò sempre con me. Quando vivi certe situazioni non ti abbandonano più».
L’obbiettivo resta il Giro d’Italia?
«Dopo questa corsa farò qualche giorno di riposo prima di un periodo di preparazione in altura che precederà il Tour of The Alps, ultimo passaggio in vista del Giro. Corsa Rosa dove cercherò di entrare nei primi 10 e dove proverò a stare con i primi nelle tappe di montagna».
Qualche tappa inparticolare?
«Quest’anno la corsa ripropone l’arrivo di Lago Laceno. Nel 2012 riuscii a vincere e vorrei riprovarci. Se guardo alla più iconica l’occhio cade sicuramente sulla frazione con traguardo alle Tre Cime di Lavaredo».
Lei è un corridore che ama le corse a tappe. Quando rivedremo un italiano protagonista in un grande giro?
«Ciccone per qualche anno può fare bene. Quello che ci manca sono dei giovani che ci possono far sognare in futuro. Un buco generazionale che si può colmare in due o tre anni, ma ancora non si vedono nuovi Nibali».
In questi anni ha avuto modo di correre con la nuova generazione di fenomeni: Pogacar, Van Aert, Vander Poel ed Evenepoel. Ha una preferenza?
«Sono tutti spettacolari ma se devo scegliere dico Evenepoel. Demolisce gli avversari partendo dalla testa, è incredibile».
A proposito di testa: lei lavora a livello mentale?
«Curo solo la respirazione. L’altra cosa che amo fare è rifugiarmi nella musica. In situazioni di relax ascolto musica classica, da Chopin a Liszt. invece in allenamento cambio completamente genere: hard rock emetal».
Nel 2005 quando ha iniziato la sua carriera da pro’ si sarebbe mai immaginato che in gruppo sarebbero approdati colleghi provenienti dal ciclismo “virtuale”, dagli E-sports?
«È una cosa che non mi convince. Sono due sport che vanno in parallelo ma fanno fatica a incontrarsi. Su strada ci sono tante variabili che non sono riproducibili nel virtuale».
Ha seguito la Milano-Sanremo? Cosa pensa di Ganna?
«Ha fatto un salto di qualità mentale che lo aiuterà nelle classiche più adatte a lui come la Parigi- Roubaix. Sabato, nei chilometri finali sembrava quello più brillante. Questa sua ulteriore crescita lo farà salire di livello avvicinandolo ai top».
Questa sarà la sua ultima stagione?
«Mi piacerebbe gareggiare anche nella prossima, vorrei arrivare a 20 stagioni da professionista e poi chiudere. Ma la squadra la devo trovare entro l’estate, non aspetterò come fatto quest’anno».
Davide Romani – La Gazzetta dello Sport, 24 marzo 2023