di Domenico Cambria
Alta valle del Calore vuole dire Bagnoli, Montella, Nusco e Cassano. Vuole dire anche una delle valli più belle d’Italia, con i monti del Terminio, della Celica e del Raja Magra che le fanno da cornice, le sue acque che zampillano dalle mille sorgenti a popolare uno dei fiumi più importanti della Regione: il Calore. Lungo la valle scorreva la mitica strada “Paestum-Manfredonia”, l’unica che permetteva di passare dal Tirreno all’Adriatico, e viceversa, senza mai oltrepassare per un valico.
L’unica a permettere alle carovane provenienti anche dal nord Europa, di scendere sino in Calabria. Enotro, proveniente dal Peloponneso, alla ricerca di un leggendario lago, attraversò l’alta valle del Calore intorno al 5.000 a.C. Ma non lo trovò e proseguì lungo l’antica strada sino a Compsa, che occupò, detta successivamente Cossa degli Entri. Con l’arrivo dei Pelasci, intorno al 4.000 a.c., Compsa, la valle dell’Ofanto e quella del Calore, furono occupati da questo popolo: Enotro costretto a trasferirsi leggermente più a sud, nella zona oggi indicata come Enotria. Successivamente ai Pelasgi giunsero gli Osci. Intorno al 1000/15000 a.C. i Sanniti, che ne fecero la storia. Nella confusione in cui versava l’Italia, soprattutto il Mezzogiorno d’Italia, successivamente ai sanniti giunsero i romani, poi i longobardi ed i normanni. Poi gli angioini.
Nel 1450, al seguito degli aragonesi, giunsero i nobili Cavaniglia, che acquistarono il Gastaldo di Montella. Ed i Cavaniglia preferirono abitare nel castello normanno di Bagnoli, anziché a Montella. Ed il castello è ancora lì, quasi del tutto integro, a rappresentare una delle opere normanne più imponenti che ancora esistono non solo nel sud dell’Italia. Mai castello fu più normanno di quello di Bagnoli. Uno uguale, risalente al 1097, lo si trova a Rocheter in Inghilterra, altri simili in Sicilia, in parte riadattati, come quello di Ariano. Questo castello, infatti, pur se detto ancora “normanno”, per ricordarne le origini, è aragonese, ricostruito una prima volta dopo il sacco che Ariano subì ad opera di Manfredi nel 1255, e dopo il devastante terremoto del 1456.
Ma la storia non si sofferma su quello di Bagnoli e sull’alta valle del Calore. Tace. Ci nasconde tutto o quasi. Come nasconde altro. Sono infatti ancora un mistero i “menhir” ed i luoghi di culto rinvenuti a Nusco ed a Bagnoli, ed i tre monti a piramide che si affacciano di fronte di quello della Celica, detti Sabina, Sabinella e Tesoro. Sanduzzi, che ha scritto la storia di Bagnoli, fa risalire addirittura il suo castello al periodo aragonese. In parte gli storici si rifanno grazie alla prof.ssa Casiello, come riportato sulla “Storia Illustrata dell’Irpinia”, edita da Sellino e Barra, Vol. III, pag. 38, quando dice che il castello di Bagnoli appartiene, secondo una sua tesi, al periodo Normanno-Svevo, spostando indietro la sua datazione di circa 200 anni.
Posto su una delle sommità di Bagnoli, “La Serra”, o “motta”, tipico del più classico castello normanno urbano, quello di Bagnoli si erge in tutta la sua maestosità appena si entra in paese provenienti da Avellino: imponente, offuscato dalle solite costruzioni che oramai in tutta Italia ne deturpano il paesaggio.
Con la caduta della lombardia minore, come chiamato il principiato di Benevento, furono i normanni a porre nuovo ordine nel meridione d’Italia, a combattere i saraceni ed i bizantini, a difendere le nostre popolazioni e i restanti longobardi da altre invasioni barbariche, sino ad arrivare al Regno delle due Sicilie composto con Ruggiero II il normanno, incoronato nella cattedrale di Palermo il 25 dicembre del 1230. Nordwich, in maniera unica, ci narra l’intera epopea di questo popolo.
Da quest’opera possiamo giungere in parte a capire anche la storia dell’alta valle del Calore. Che ruolo ha svolto il castello di Bagnoli per rappresentare oggi una delle opere normanne più imponenti d’Italia? Questa è la domanda che adesso noi tutti dobbiamo porci.
Sempre Sanduzzi riporta un importante fatto storico, appreso dal Bellabona, quando narra la presa di Salerno da parte di Roberto il Guiscardo, avvenuta l’8 maggio del 1076. Partito da Melfi il giorno 3, Roberto conquista dapprima Monteverde, poi Compsa, il giorno 5 viene fermato a Nusco dal suo vescovo longobardo Amato Landone, un po’ come fece Leone I con Attila. L’avvenimento di Nusco è narrato dal suo storico N.M. Della Vecchia.
Il giorno 8 giunse infine a Salerno. Gli avvenimenti narrati in questa circostanza sono da prendersi con le molle. Vedremo subito il perché. Quindi il potente capo normanno passò per l’alta valle del Calore e per Bagnoli? Certo. Distrusse lungo la sua strada il castello longobardo di Bagnoli e gli altri? Non c’è nulla che attesti questo.
Dalle cronache e dagli avvenimenti, pensiamo di no. Se infatti i castelli longobardi posti lungo la strada di Roberto fossero stati difesi, il Guiscardo non avrebbe assolutamente potuto giungere a Salerno in soli tre giorni da Nusco, considerando che doveva passare per Bagnoli con il suo, Acerno con il suo, Giffoni con il suo, Pontecagnano ecc, ma ci avrebbe impegnato mesi.
Inoltre, se le cose fossero andate sempre in questa maniera, l’operazione di Roberto il Guioscardo sarebbe stata da bocciare militarmente. La zona, infatti, andava prima bonificata. E poi, non erano stati i normanni a liberare l’intera zona dai saraceni?
I normanni, pertanto, erano amici delle popolazioni interne, una realtà dopo la battaglia di Civitate, avvenuta nel 1053, quando la Chiesa riconobbe ai normanni le loro conquiste.
Riteniamo pertanto errato, quanto riportato storicamente su questa vicenda.
Questo perché si vuole per forza di cose credere che quanto riportato da tanti vecchi testi, anche da famosi storici o letterati, non corrisponda al vero.
Una cosa, invece, è certa, ed è quella che Roberto il Guiscardo per portarsi a Salerno doveva per forza di cose transitare lungo l’unica strada che esisteva, la “Paestum-Manfredonia” passante per l’alta valle dell’Ofanto, Fontigliano, quindi per Bagnoli. Anche perché altre non ve ne erano.
Ed il suo castello? Non può che essere stato costruito dalla stesso Roberto, o subito dopo, a guardia non solo della valle ma della stessa integrità dei territori interni, della stessa Melfi, considerando che una volta a Bagnoli a Montella oppure a Nusco, sarebbe stato facile per chiunque proseguire verso l’interno, per la stessa Ariano, altro grande baluardo normanno.
E, se lungo la valle transitava il Guiscardo, vi transitava lo stesso re Ruggiero II? Dalla logica delle cose, la risposta, ancora una volta, è sì. Infatti il normanno per giungere a Melfi oppure ad Ariano, proveniente da Salerno e dalla Sicilia dove in genere passava l’inverno, era obbligato a passare lungo la strada “Paestum-Manfredonia”.
Tappa obbligata anche per esercitare quel nobile sport che era la caccia, se si pensi che sull’altopiano del Laceno si potevano cacciare cervi, daini e caprioli, assieme a tanti altri animali di grossa pezzatura.
Una caccia molto avventurosa da quella che si effettuava in Puglia con il falco. Questa è la logica delle cose, che la storia ci nasconde ancora.