Nell’800, soprattutto nelle regioni montuose, le persone particolarmente dotate per la caccia, abili conoscitori dei boschi e degli animali, o anche quelle occupate in lavori marginali o stagionali, come i boscaioli, incominciarono a dedicarsi a tempo pieno alla caccia dei lupi e degli altri animali ritenuti nocivi, diventando veri professionisti in grado di sopravvivere attraverso la riscossione delle taglie. L’esistenza di queste figure è accertata sull’Appennino italiano, dove cacciatori specializzati chiamati esattamente come i loro colleghi medievali, lupari, seguivano durante l’inverno le tracce dei lupi sulla neve, li braccavano con ogni tipo di trappola e con le esche avvelenate.
Ma sopratutto essi si dedicavano alla caccia “all’aspetto”, cioè si ricoprivano di grasso animale per togliersi di dosso l’odore umano, si vestivano molto pesantemente e, dopo aver posto un’esca, aspettavano ben nascosti che i lupi arrivassero a portata di fucile.
Dalla descrizione che ne dà Fabrizio Nobili1 emergono chiaramente i principali tratti distintivi della figura del luparo.
In primo luogo chi esercitava la caccia al lupo doveva possedere una profonda conoscenza dell’animale, delle sue abitudini e del territorio da questi frequentato, dei sentieri abitualmente percorsi, dei varchi utilizzati nella boscaglia.
In secondo luogo necessitava di un fisico resistente che gli consentisse, tra l’altro, di trascorrere intere nottate all’addiaccio, in particolare nella stagione degli amori, quando l’animale era più sensibile al richiamo dell’ululato2; cadendo questa tra febbraio e marzo si può ben immaginare a quale disagio andava incontro.
Infine, la possibilità che tale attività potesse garantire il sostentamento di chi vi si dedicava a tempo pieno. La “professione” del luparo nasce nel momento in cui l’azione di contrasto al lupo, a fronte di una minaccia o di un danno subito, perde i caratteri dell’episodicità, della improvvisazione per assumere quelli del mestiere, e quindi abilità, perizia, conoscenze specifiche.
Questa trasformazione è favorita dal riconoscimento della utilità economica e sociale della eliminazione del predatore e quindi dalla istituzione di salari o di premi a favore di coloro i quali si dedicavano a tale attività.