Gerardo Nappa è un architetto lionese la cui vita è un viaggio. Eppure ha scelto la sua terra: «Vivo qui per amore e per amore metto a disposizione le mie professionalità»
Senza illusioni, con i piedi ben saldi in un presente che ci riconsegna la realtà che noi tutti conosciamo. Una realtà, spesso, di sciatto abbandono come quello che mortifica laChiesa di San Domenico di Bagnoli. Non serve essere degli esperti per comprendere che quel bene è una perla incastonata sulla corona di preziosi che arricchiscono l’Alta Irpinia e che in questo “supplemento” di viaggio alla sua scoperta cercheremo di conoscere. Perché, purtroppo, anche e soprattutto questa è l’altra faccia di questa terra.
E lo faremo accompagnati da un’altra guida. Gerardo Nappa è architetto lionese, laureatosi alla Sapienza di Roma per scelta e per necessità nella seconda metà del decennio che in questa provincia è stato il decennio segnato dal lutto del sisma. Da allora la sua esperienza è stata un continuo viaggio: da Roma agli States, passando per il Giappone e poi in giro per l’Italia con collaborazioni di tutto rispetto. Eppure nella vita di Gerardo c’è un punto fermo: Lioni, l’Irpinia. «Ho sempre una valigia pronta, in giro da un aeroporto all’altro. Qui o altrove, seppur con qualche sacrificio in più, a me non cambierebbe nulla. Amo profondamente la mia terra e dunque ho scelto di vivervi, portandovi tutta la mia famiglia».
Un profondo amore: questo è il motivo che ha riportato Gerardo in Irpinia. L’amore per una terra sostanzialmente ancora vergine, dove la vita mantiene un sapore di spontanea genuinità inconfondibile. Una terra alla quale Gerardo cerca di rendere quel che ne ha ricevuto e ne riceve mettendo a disposizione le sue professionalità. Noi Gerardo lo abbiamo conosciuto proprio mentre ci aggiravamo per le montagne del Terminio e le nostre strade si sono, in maniera fortuita, intrecciate ancora quando ci siamo trovati a raccontare la bellezza segreta di Bagnoli, a partire proprio dalla chiesa di San Domenico. In quella occasione Gerardo ha aggiunto altri tasselli al puzzle che stiamo cercando di costruire con il nostro errare in giro per l’Irpinia. In questo caso orbitando sempre intorno ai sentieri che si snodano tra il Laceno e Bagnoli stessa.
Il primo tassello che vogliamo descrivere reca sul dorso proprio l’immagine della Chiesa di San Domenico. «Agli inizi degli anni 2000 lavorai ad un progetto per il recupero e la riqualificazione del bene, elaborato nel quadro di un protocollo di intesa tra il Comune di Bagnoli e la Diocesi di Sant’Angelo, che aveva ottenuto anche l’approvazione della Sovrintendenza e che, una volta approdato in Regione, sarebbe potuto tranquillamente rientrare nel quadro della programmazione europea. Purtroppo, da Napoli non abbiamo mai avuto un riscontro per quanto il progetto fosse assolutamente pronto e completo in tutte le sue parti, dunque cantierabile. Sono trascorsi circa 12 anni da allora».
Non è velleitario campanilismo. La Chiesa di San Domenico, chiusa in realtà da prima del terremoto, nel 1964, come Gerardo stesso ci dice, racchiude elementi di grande valore, a partire da una tela di Marco Pino da Siena «che oggi giace lì abbandonata nonostante il suo inestimabile valore al pari del Santissimo Rosario che si trova alla destra del transetto e del chiostro di epoca rinascimentale che presenta una particolarità significativa. È un raro esempio di chiostro sviluppato su due livelli. Quella chiesa racchiude un potenziale enorme e il suo abbandono è una vera e propria ferita». Da questa consapevolezza, la disponibilità di Gerardo a predisporre un progetto che ne permettesse il restauro e il recupero nel quadro di un più ampio progetto volto a stimolare una valorizzazione dell’area che verte tra il Laceno e Bagnoli, diversificando le attività artistico-culturali in un’area che non avrebbe davvero nulla da invidiare ai borghi più caratteristici e noti dell’Italia Centrale, ad esempio. Eppure tutto tace all’orizzonte. Dodici anni di silenzio dalla Regione. Tempo prezioso perso ad inseguire non si sa bene cosa.
«Questo vulnus colpisce tutta la comunità bagnolese, alla quale io sono molto legato. Io sono un grande appassionato di storia medievale e al tempo degli studi molto mi colpì molto leggere del processo che accompagnò l’edificazione della Cattedrale di Santa Maria del Fiore a Firenze ad opera di Brunelleschi. Fu un processo complessivo che coinvolse tutta la cittadinanza fiorentina. La riqualificazione di San Domenico potrebbe seguire dinamiche analoghe per la cura e l’attenzione che i bagnolesi hanno nei confronti del loro territorio e del loro patrimonio».
Questo è sviluppo sostenibile: l’umanizzazione dei luoghi, la loro crescita e trasformazione con il coinvolgimento delle comunità direttamente interessate genera sviluppo sostenibile. Questo, in altri termini, è futuro: da qui passa un’altra idea di Irpinia. Il mondo che ci ha aperto Gerardo con le immagini che ritraggono il bene in condizioni differenti rispetto alla situazione attuale, gli schemi progettuali, i dati da lui forniti parlano di una passione che costruisce una via alternativa. Una via praticabile anche sfruttando la volontà, l’appassionata gratuità di chi crede che sia ancora possibile svelare il volto più intimo di una terra che ha tanto da raccontare.