Transumanza, i tratturi e i legami con l’Irpinia

DA  UNO STUDIO DEL DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE E STATISTICHE DELL’UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI SALERNO.

La transumanza fu uno straordinario fenomeno di emigrazione stagionale delle greggi dai luoghi di montagna dell’Abruzzo, del Molise, della Campania e della Basilicata che si recavano nella pianura del Tavoliere.

Un fenomeno millenario che si ripeteva ogni anno e di generazione in generazione lungo itinerari detti tratturi. Termine quest’ultimo utilizzato-secondo quando scrive Italo Palasciano, “Le lunghe vie erbose , tratturi e pastori del Sud”, Lecce, 1981_ nella prammatica del 1 agosto 1447 di Alfonso I d’Aragona che istituiva la “Regia Dogana della Mena delle pecore di puglia”. I pastori, quindi, per spostarsi con i loro greggi dovevano servirsi dei tratturi i quali erano sottoposti ad una rigida normativa disciplinare in grado di tutelare sia il flusso del gregge sia la loro sicurezza. Essi erano larghi 111.11 metri ed erano delimitati lungo il percorso da “termini lapidei” ossia da blocchi di pietra sui quali erano scolpite le lettere R.T., che stavano ad indicare Regio Tratturo, ed il numero che li contraddistingueva. Sui tratturi le greggi viaggiavano durante il giorno e sostavano, richiuse in recinti, durante la notte. Adiacenti ad essi in località pianeggianti, ricche di erbe, e presso corsi d’acqua si estendevano i “riposi”, dove le greggi potevano sostare per un periodo più lungo.

Sui tratturi non si muoveva solo il gregge, ma un’intera organizzazione itinerante di uomini e animali. Alla conduzione di tale organizzazione c’era il massaro che a volte era anche il proprietario del gregge. Egli era responsabile della manifattura e della custodia della ricotta e del formaggio oltre che del buon andamento dell’intera azienda transumante. Alle sue dipendenze c’era il sotto-massaro e caciere che divideva con lui alcune responsabilità e sovrintendeva sul restante personale.  Seguivano i butteri che erano addetti alla custodia degli animali da soma e al trasporto della paglia, delle reti, dei paletti, della legna ed altro. I butteracchi erano i cordinatori dei butteri che custodivano i ricoveri ed eseguivano servizi di trasporto con i somari.  I pastori e i pastoricchi aiutavano nelle quotidiane attività di mungitura, di guardia e di abbeveraggio.

Alla base di questa gerarchia pastorale c’erano i guaglioni o garzoni inservienti apprendisti che preparavano il fuoco e qualcosa da mangiare. Il sistema doganale durò tre secoli e consentì  il massimo sviluppo della transumanza e una fonte di entrata inesauribile per lo stato. Con l’abolizione della dogana nel 1806 e la successiva legge di affrancazione nel 1865, le terre del Tavoliere furono man mano liberate dal vincolo di pascolo comportando una lenta sparizione della transumanza che, anche con minore rilevanza, continuerà fino agli anni 50 del Novecento.

Anche nelle comunità irpine la pastorizia per ragioni di sopravvivenza doveva annualmente spostarsi dai luoghi più alti e più rigidi, sfruttabili solo in estate, a quelli pianeggianti pugliesi più caldi per il periodo invernale, poiché l’inclemenza del clima nel periodo invernale comprometteva la produttività degli allevamenti e la stessa esistenza degli armenti: anche per l’Irpinia nacque dunque l’esigenza della transumanza, il cui fenomeno si manifestava generalmente lungo il trattuto Pescasseroli – Candela (221 Km) il secondo per lunghezza dopo quello dell’Aquila –  Foggia (243,597 km), per il tratto che inizia a Casalbore e si conclude a Zungoli, prima di immettersi nella provincia di Foggia. Considerata quest’ultima la finestra del tavoliere.

Il viaggio dei locali Irpini lungo i tratturi era di circa  tre o quattro giorni, rispetto a quello medio degli abruzzesi che era di venti giorni. I pastori influenzavano con i loro passaggio la storia economica, civile e religiosa dell’alta irpinia e, soprattutto, dei 5 paesi più prossimi al Trattuto Pescasseroli – Candela: Casalbore, Montecalvo, Ariano Irpino, Villanova e Zungoli. Accanto a questi  si sono i tartturelli: Foggia – Camporeale, che attraversava i comuni di Greci e Ariano Irpino, Volturara – Castelfranco, che attraversava il comune di Greci; San Guglielmo o del Pisciolo, che passava per Monteverde; ed il braccio detto del Fascino, in località Montecalvo Irpino; le due “aree di sosta” di Casalbore importanti per i pastori in transito.; la Valle d’Ansanto, le cui acque curavano gli armenti dalla scabbia. L’elemento poi che più di ogni altro accompagnò i pastori sul tratturo fu la fede che li aiutava ad affrontare una vita difficile e che costituì il motivo dell’affermarsi di un gran numero di riti, sia nel territorio pugliese che in quello Irpino.  I tratturi divennero fonti di vita e civiltà, poiché qui i più giovani apprendevano mestieri e anche alcune forme d’arte come il suono di vari strumenti, l’intaglio di oggetti in legno e il genere letterario dei poemi epici. Questi percorsi erbosi furono le vie di comunicazione di una vita che ebbe molti riflessi lettere rari. Infatti, la transumanza Irpina fu al centro di un patrimonio di leggende, di canti, di linguaggi dando vita ad una vera e propria civiltà culturale. Il legane con il regio tratturo della ferrovia Avellino – Rocchetta S.Antonio viene sottolineato nella mostra curata dall’archivio di Stato di Avellino e dalla Pro Loco di Andretta.

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